31 gennaio 2008: "Le vite degli altri"
Tra le iniziative dell’UDU (Unione degli Universitari di Bari) vi è quella, graditissima, di organizzare rassegne cinematografiche. Nell’ultimo ciclo di film hanno previsto “Le vite degli altri”, che non ha bisogno di presentazione e se ne ha, si potrebbero usare le parole che l’amico e collega F.C. mi ha sussurrato ottanta secondi dopo l’inizio della proiezione: “Si vede subito che è un film bellissimo”. Un euro a testa, il Nuovo Splendor è pieno, alcuni ragazzi sono per terra, io Cinzia, Lina, Francesco I e II ci mettiamo alla ricerca di un posto, sembra di essere in famiglia: c’è tutta la facoltà. Il piacere di stare in casa e di vedere altrove i volti che incontri al lavoro. “Le vite degli altri” è un film sul tema del “grande benefattore”, o grande fratello, ormai attualissimo anche nelle democrazie che si sono da alcuni anni emancipate dal Socialismo. Nel 1984, nella Germania Orientale di Honecker, la polizia di stato ha il compito di “assicurare la felicità” dei cittadini, spiandoli senza pudore per isolare e punire i disobbedienti o quelli che sono in odore di dissidenza. Tra questi potrebbe esserci Georg Dreymann (nome in codice Lazlo), uno scrittore di teatro che, pur senza convinzione, si è allineato al regime. La fidanzata, bellissima, è la più quotata interprete delle sue opere teatrali. A spiarli, su ordine di un meschino ministro che vuole incastrare Dreymann e approfittare della donna, c’è il vero protagonista di questa storia, un poliziotto incorruttibile, nella cui vita sembra non esserci altro che il lavoro e il servizio alla patria. Lo squallore caratterizza ogni lato della sua esistenza di esecutore: guardate per convincervi i mobili posticci della sua casa (li potevate vedere uguali in tutti i paesi dell’ex-URSS), il riso in bianco che mangia a cena, il suo tetro giubbotto, il suo sguardo freddo, persino la prostituta con cui trascorre un’ingloriosa mezzora di letizia. Ma in questo generale squallore irrompe improvvisamente un senso di giustizia, una sete di libertà, la poesia di Brecht, e quello che era il prototipo di cattivo si trasforma in un'eroica vittima sacrificale. L’attore che lo interpreta ha purtroppo perso la vita l’anno scorso, ma la gloria e il merito di quest’opera hanno esposto il film a una pioggia di premi, Oscar compreso. La fluidità della sceneggiatura (non priva di momenti comici), l’equilibrio delle sequenze narrative, la bravura degli attori, la ricostruzione fedele di certi ambienti tipici di Berlino Est (guardate il bar, la mensa, gli appartamenti) in cui sembra mancare la fantasia, la creatività, lo stimolo, tutto questo conduce a un risultato emozionante, corale, avvincente. Davanti a una birra a Storie del Vecchio Sud, ci siamo goduti il post-film. Ma poi, una volta usciti, potevamo rinunciare ai krapfen alla crema in Corso Benedetto Croce?
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2 commenti:
Ho trovato questo blog proprio cercando su google informazioni su questo film che io avevo visto e che ho finito di rivedere 20 minuti fa. 20 minuti durante i quali una tazza di tè bollente mi ha aiutato a riprendermi dal potentissimo finale e mi ha poi permesso di catapultarmi su google alla ricerca viscerale di informazioni su questo capolavoro di film. Non è esattamente il genere di film che preferisco, ne posso dirmi desidoroso di diventare esperto su quel periodo storico, tuttavia Florian Henckel von Donnersmarck mi ha letteralmente catturato.
Trovo straordinario come il regista segua step by step l'evoluzione spirituale e culturale del bravissimo sbirro. Questa è una bravura fondamentale, che oggigiorno è sempre più rara: chissà come i personaggi in un film si trovano all'improssiso cambiati, come accade in Seta, film che ho adorato ma che, (solo) sotto questo punto di vista, mi ha lasciato un pò perplesso. raccontare-mostrare il processo di evoluzione di un personaggio,passo dopo passo,progressivamente, in maniera fluida senza saltare fasi, è una delle cose che apprezzo maggiornmente in un film.
Inevitabile il confronto con “Goodbye Lenin” - vabeh che io ne sono ossessionato - che aveva fatto sorridere del periodo della DDR. “Le vite degli altri”, invece, ci fa riflettere, permettendoci di conoscere con sguardo lucido come realmente ha vissuto un intero popolo per lungo tempo, osservando quello che realmente e quotidianamente fu, come Lei ha detto, un "grande fratello".
Spero caldamente di non dimenticare mai questo film.
Comunque, questo blog è bellissimo, veramente ben fatto, il template è di buon gusto. Complimenti!
Alessandro Bucci.
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