All'aeroporto

Un padre esce dall’edificio dell’aeroporto, è appena atterrato di ritorno da un viaggio faticoso, forse è via da parecchi giorni, è basso, ha una valigia vecchia, ha occhiali sporchi, la pelle scura, dei capelli grigi, uno sciatto riporto sulla testa pelata. Supera la porta a vetri dell’aeroporto, fuori ci sono sua moglie e suo figlio. Lei piange, forse perché lo aspettava, forse perché il figlio la fa soffrire. E il figlio è dietro di lei, cammina zoppicando, è un quarantenne senza più curiosità, ha tanto rancore, ma non sa come sfogarlo, è scocciato, non vorrebbe essere lì, ma forse ha dovuto accompagnare la madre. Non gli piacciono le dimostrazioni di affetto. Non ha spazi. Il padre li vede e si trascina con la valigia verso di loro. La madre lo abbraccia e lo bacia. Piange. Il figlio li guarda da dietro, imbarazzato. “Dai un bacio a tuo padre, dai…” Lui prende la valigia del padre, si avvia: “la macchina è lì”. Il padre accende una sigaretta, la moglie piange ancora, quasi disperata, gli dice di spegnerla. Lui la spegne, abbraccia la moglie mentre cammina, sorride, ma forse vorrebbe piangere anche lui. Non può farlo, scompare lungo il marciapiede dell’aeroporto, con la moglie, dietro al figlio che ha fretta. Anche io ero lì, una sera, poi non li ho più visti.

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